Il Gran Premio d’Ungheria di Formula 1 non è stato solo teatro di sorpassi, strategie e colpi di scena in pista, ma ha lasciato dietro di sé anche una lunga scia di polemiche che continuano a scuotere il paddock. Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo e pilota simbolo di una generazione, si è ritrovato al centro di un acceso dibattito dopo alcune dichiarazioni rilasciate subito dopo la gara, giudicate da molti come “inutili” e sintomo di un atteggiamento di resa anticipata. Le parole del britannico, che a Budapest ha faticato a trovare il ritmo, hanno infatti alimentato la percezione di un campione ormai stanco di lottare con mezzi non all’altezza delle sue ambizioni, aprendo crepe non solo nel rapporto con il team ma anche nella percezione che il pubblico e gli addetti ai lavori hanno di lui.
Durante il fine settimana ungherese, Hamilton aveva già mostrato segni di frustrazione: sessioni di prove libere complicate, difficoltà nel trovare il giusto bilanciamento della monoposto e una qualifica non brillante avevano preparato il terreno a un GP in salita. Tuttavia, è stato nel post-gara che la tensione ha raggiunto l’apice. Intervistato dai media, il pilota della Mercedes ha lasciato intendere che, in certe situazioni, “non ci sia molto da fare” e che le lotte in pista siano “inutili” quando le prestazioni della vettura non consentono di competere con i top team. Un commento che, pur nella sua apparente sincerità, è stato interpretato come un gettare la spugna, un’ammissione di resa che ha scatenato immediate reazioni.
Guenther Steiner, ex team principal della Haas e voce sempre pronta a commenti taglienti, non ha perso l’occasione per criticare duramente Hamilton. In un’intervista rilasciata poche ore dopo, Steiner ha definito le parole del britannico “un segnale pericoloso”, spiegando che un campione, anche nelle difficoltà, deve trasmettere fiducia alla squadra e non dare l’impressione di arrendersi. “Se tu, che sei il leader, parli di resa, che messaggio dai ai meccanici, agli ingegneri, ai tifosi?” ha dichiarato Steiner, sottolineando che la forza di un campione si misura anche nei momenti peggiori.
Il dibattito si è presto allargato, con ex piloti e commentatori che si sono schierati su fronti opposti. Alcuni hanno difeso Hamilton, sostenendo che le sue parole fossero un semplice sfogo umano dopo mesi di frustrazione, accentuati da una stagione segnata da continui problemi di competitività. Altri, invece, hanno visto nella dichiarazione un campanello d’allarme sulla sua motivazione, soprattutto in un momento in cui il mercato piloti è in fermento e i progetti futuri di Mercedes restano un’incognita.
Le reazioni non si sono limitate agli addetti ai lavori. Sui social media, migliaia di fan hanno espresso la loro opinione: c’è chi ha accusato Hamilton di non onorare la maglia e di dimenticare il supporto ricevuto dal team nei momenti di gloria, e chi, al contrario, ha evidenziato come la sua frustrazione sia un riflesso diretto dell’attuale stato della Mercedes, incapace di fornirgli una vettura competitiva per lottare ad armi pari con Red Bull, Ferrari e McLaren.
Dentro al team, le parole del britannico non sarebbero passate inosservate. Voci di corridoio parlano di riunioni interne per discutere non solo delle strategie tecniche, ma anche del morale del gruppo. In un contesto in cui la fiducia reciproca è fondamentale, ogni dichiarazione pubblica assume un peso enorme, soprattutto quando proviene da un sette volte campione del mondo. Toto Wolff, team principal della Mercedes, non ha rilasciato commenti diretti sulla frase incriminata, ma ha ribadito la necessità di “restare uniti” e di “combattere fino alla fine della stagione”.
Il caso Hamilton post-Ungheria si inserisce in un quadro più ampio di tensioni e incertezze che caratterizzano la Formula 1 contemporanea. In un campionato in cui la competitività si gioca su dettagli minimi, la componente psicologica e comunicativa può diventare decisiva quanto un aggiornamento aerodinamico o una strategia di gara. Le prossime gare diranno se le parole di Budapest resteranno un episodio isolato o se rappresenteranno un punto di svolta nella carriera e nell’immagine pubblica di Lewis Hamilton. Nel frattempo, il paddock resta diviso, oscillando tra comprensione e critica, mentre l’eco di quella frase “inutile” continua a rimbombare come un segnale di un cambiamento più profondo.