KIELHOLEN: Il terribile incubo che uccideva lentamente i marinai sott’acqua: il barbaro “metodo disciplinare” della marina del XVIII secolo

Nel XVIII secolo, la vita dei marinai era segnata da una ferrea disciplina, con punizioni corporali che incarnavano la severità delle autorità navali. Tra le pratiche più crudeli, il “kielholen” – o carenaggio in inglese – si distingueva come una punizione tanto barbara quanto terrificante, infliggendo sofferenze lente e spesso fatali. Questa tortura, utilizzata principalmente dalle marinerie olandese, inglese e francese, consisteva nel trascinare un marinaio sotto lo scafo di una nave, un metodo disciplinare che offriva scarse possibilità di sopravvivenza.


Il kielholen era riservato ai reati gravi: ammutinamento, disobbedienza flagrante o furto. Il marinaio condannato veniva legato a una corda, a volte appesantita per garantire che rimanesse sommerso, quindi gettato in mare da un lato della barca. La corda, avvolta sotto lo scafo, veniva tirata dall’altro lato, costringendo la vittima a essere trascinata sott’acqua, raschiando contro lo scafo irto di conchiglie e cirripedi affilati come lame. Il procedimento poteva essere ripetuto più volte, aumentando ogni volta l’agonia. La combinazione di annegamento imminente, tagli profondi e sfinimento fisico trasformava questa punizione in un incubo.


Oltre al dolore fisico, il kielholen instillava terrore psicologico. I marinai, spesso superstiziosi, vedevano questa immersione forzata come una discesa sull’orlo della morte. Il mare, già percepito come un universo ostile, divenne uno strumento di tortura. I pochi sopravvissuti portavano cicatrici visibili e traumi persistenti, mentre gli altri soccombevano alle ferite, all’asfissia o alle infezioni. Questa pratica, sebbene rara a causa della sua estrema brutalità, serviva da monito per l’equipaggio: la minima insubordinazione poteva portare a una fine orribile.


I kielholen riflettevano la durezza della vita marittima in un’epoca in cui la disciplina aveva la precedenza sull’umanità. Gli ufficiali, sotto pressione per mantenere l’ordine su navi sovraffollate e in condizioni spesso disumane, ricorrevano a punizioni spettacolari per affermare la propria autorità. Eppure, questo metodo attirò critiche anche nel XVIII secolo. Alcuni capitani, consapevoli della sua inefficacia a lungo termine – un equipaggio terrorizzato a volte diventava meno efficiente – preferivano punizioni meno letali, come la frusta o i ferri.
Col tempo, i kielholen scomparvero gradualmente dalla pratica navale, sostituiti da punizioni meno barbariche con l’evoluzione degli atteggiamenti. Nel XIX secolo, le riforme nelle marine europee, influenzate da idee umaniste, posero fine a questo tipo di crudeltà. Oggi, i kielholen rimangono un simbolo dell’estrema brutalità dei metodi disciplinari di un tempo, un ricordo delle condizioni spietate a cui erano sottoposti i marinai. Questa pratica, sebbene ormai scomparsa, continua ad affascinare per il suo orrore, dimostrando fino a che punto l’uomo sarebbe disposto a spingersi per imporre l’ordine in un mondo in cui la sopravvivenza dipendeva da una disciplina implacabile.

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