Addio shock di Jasmine Paolini al tennis: “37.000 dollari non bastano, mia figlia merita di più”
Il mondo del tennis è sotto shock: Jasmine Paolini, una delle tenniste italiane più amate e talentuose, ha annunciato il ritiro da tutti i tornei, lasciando milioni di tifosi increduli. Alla base di questa decisione non ci sono infortuni o problemi personali, bensì una questione economica: un contratto annuo da soli 37.000 dollari, considerato insultante rispetto al valore e ai sacrifici dell’atleta.

Paolini, che negli ultimi anni aveva conquistato il cuore del pubblico con grinta, costanza e risultati storici, ha scelto di dire basta. Dietro questo gesto si nasconde un messaggio potente e una forma di protesta che fa riflettere tutto il movimento sportivo internazionale:
“Non si può pretendere dedizione assoluta, allenamenti estenuanti, viaggi continui e pressione psicologica… per una cifra che non garantisce nemmeno stabilità economica,” avrebbe confidato una fonte vicina alla tennista.

A parlare pubblicamente è stata la madre della giocatrice, con parole forti e cariche d’orgoglio:
“Siamo pronti ad aspettare quanto tempo sarà necessario. Mia figlia ha dato tutto al tennis. Ora aspettiamo che il tennis dia qualcosa in cambio – qualcosa di giusto.”
Secondo alcuni esperti del settore, il caso di Jasmine Paolini apre una ferita profonda nel sistema del tennis femminile, dove spesso solo le prime posizioni del ranking ricevono compensi adeguati, mentre molte altre atlete – pur di altissimo livello – faticano a sostenere le spese di una carriera professionistica.
Sui social si è scatenata una vera e propria ondata di solidarietà: l’hashtag #GiustiziaPerPaolini è balzato in tendenza, con centinaia di utenti che denunciano l’iniquità economica nel tennis e chiedono maggiore tutela per le giocatrici fuori dalla top 10. Anche alcune colleghe hanno espresso sostegno, tra cui Martina Trevisan e Sara Errani, lodando il coraggio della decisione.
Conclusione: Il ritiro di Jasmine Paolini non è solo una perdita per il tennis italiano, ma anche un grido di denuncia contro un sistema che troppo spesso dimentica il valore umano e professionale degli atleti. La sua scelta coraggiosa potrebbe aprire la strada a un cambiamento necessario e atteso da anni.