Dopo la recente sconfitta contro Novak Djokovic in semifinale agli Australian Open, Carlos Alcaraz ha sollevato una controversia inaspettata, mettendo in dubbio la resistenza fisica del campione serbo. Secondo quanto riportato da fonti vicine al torneo, il giovane spagnolo avrebbe chiesto ufficialmente al CEO degli Australian Open di effettuare test antidoping su Djokovic, sostenendo che sia inverosimile per un atleta di 37 anni mantenere un livello di prestazione così elevato per tutta la durata della competizione.
Le dichiarazioni di Alcaraz hanno scatenato un’ondata di reazioni nel mondo del tennis, con tifosi e addetti ai lavori divisi sull’argomento. Da un lato, c’è chi sostiene che l’intensità e la resistenza dimostrate da Djokovic siano frutto di una preparazione atletica eccezionale e di un’abilità mentale fuori dal comune. Dall’altro, alcuni ritengono legittime le preoccupazioni di Alcaraz, dato il ritmo esasperante delle partite disputate dal serbo.
Djokovic, da parte sua, non ha tardato a rispondere alle insinuazioni, affermando di aver sempre rispettato tutte le regole antidoping e di essere disposto a sottoporsi a qualsiasi test necessario per dimostrare la propria integrità sportiva. “Il mio lavoro e la mia dedizione parlano per me. Chiunque metta in dubbio il mio impegno non conosce il sacrificio che ho fatto per arrivare fin qui”, ha dichiarato il numero uno del mondo in una conferenza stampa successiva alla partita.
Il CEO degli Australian Open, interrogato sulla questione, ha dichiarato che il torneo segue protocolli antidoping molto rigorosi e che tutti i giocatori vengono sottoposti a controlli regolari. Ha inoltre aggiunto che non ci sono prove o motivi per sospettare di Djokovic.
L’episodio ha sollevato un dibattito più ampio sul limite tra il talento naturale, la preparazione atletica e i sospetti che spesso emergono quando un atleta continua a eccellere nonostante l’età. Mentre i fan di Djokovic si schierano fermamente dalla sua parte, quelli di Alcaraz chiedono maggiore trasparenza e test più frequenti per garantire un campo di gioco equo per tutti i tennisti professionisti.
Resta da vedere se questa polemica avrà ripercussioni nei prossimi tornei del Grande Slam o se sarà solo un episodio isolato nel lungo percorso di entrambi i giocatori nel mondo del tennis professionistico.